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IL RAGAZZO CHE SAPEVA TROPPO, di Malika Ferdjoukh

Libri dal comò. Consigli di lettura

 

Hai voglia di entrare in un film che non si proietta al cinema, ma si legge pagina dopo pagina?

Nel suo romanzo Il ragazzo che sapeva troppo, Malika Ferdjoukh ci porta proprio lì: sul set di un film di Alfred Hitchcock, dove la finzione si mescola alla realtà e il mistero prende forma tra le luci e le ombre della macchina da presa.

Il protagonista, in prima persona, ci guida dentro un ricordo: anni dopo, rievoca quell’estate trascorsa sul set segretissimo di un film del maestro del brivido. È qui che tutto accade, tra ciak, segreti, tensione e sguardi che nascondono più di quanto mostrano. La storia si costruisce come un giallo classico, elegante, pieno di suspense e di rimandi al cinema.

La scelta della prima persona e del flashback ci fa entrare direttamente nella narrazione: leggiamo e, allo stesso tempo, assistiamo come spettatori. L’ambientazione cinematografica e i continui riferimenti a Hitchcock rendono il romanzo un omaggio al grande schermo e un raffinato gioco narrativo. La trama è calibrata con precisione: ritmo, mistero e dettagli che ricordano il montaggio di un film. La traduzione di Chiara Carminati restituisce tutta la raffinatezza della scrittura dell’autrice. Bellissima anche la copertina illustrata da David Merveille, che rende omaggio al cinema di Hitchcock.

Il ragazzo che sapeva troppo è una dichiarazione d’amore al cinema e alla narrazione stessa.

Tieni gli occhi aperti: perché in queste pagine, come sul set, niente è davvero come sembra.

A cura di Una cartella di libri

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Il ragazzo che sapeva troppo, Malika Ferdjoukh, trad. Chiara Carminati, ill. David Merveille, Pension Lepic, 2025.

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LA SCIMMIA DELL’ASSASSINO, di Jacob Wegelius

Libri dal comò. Consigli di lettura

L’estate è il periodo migliore per lasciarsi trascinare da quelle storie ad ampio respiro, avventurose, con personaggi memorabili e misteri che ti tengono incollato alle pagine. La scimmia dell’assassino di Jakob Wegelius è una di quelle storie che sembrano fatte apposta per essere lette con calma, nella luce lunga delle giornate estive. È un romanzo giallo ma anche un racconto d’avventura, una storia di amicizia, e soprattutto una narrazione di altissima qualità.

Sally Jones è un gorilla femmina. Vive a bordo dell’Hudson Queen insieme al Capitano Koskela, detto “il Capo”, suo amico e compagno di viaggi. Sally non parla, ma comprende tutto, sa leggere, scrivere e aggiustare motori. Una sera, il Capitano accetta un incarico misterioso e qualcosa va storto: un uomo viene ucciso e Koskela viene arrestato con l’accusa di omicidio. Da quel momento, Sally è costretta a nascondersi e parte per un lungo viaggio, determinata a provare l’innocenza del suo amico. Da Lisbona al cuore dell’India, attraverserà porti, officine, palazzi e botteghe, incontrando amici sinceri e nemici pericolosi, in una ricerca ostinata della verità. 

Spesso i romanzi di genere rischiano di appoggiarsi su formule facili, ripetitive, piene di stereotipi. Si fanno scelte narrative che inseriscono elementi semplicistici e contenuti banalizzanti, puntando sull’effetto e sul ritmo piuttosto che sulla costruzione profonda della storia. Ma “La scimmia dell’assassino” è tutta un’altra cosa. Qui siamo davanti a un romanzo costruito con intelligenza, profondità e uno straordinario equilibrio narrativo. L’intreccio è complesso e perfettamente architettato: ogni episodio, ogni incontro lungo il cammino ha un senso preciso nella trama e nulla è casuale. I personaggi secondari sono comunque ben costruiti e restano nel cuore di chi legge. Pensiamo al maharajah, che all’inizio appare distaccato, freddo, egoista, ma che nel giro di poche pagine si rivela capace di tenerezza e generosità, diventando un alleato sincero e inaspettato per Sally Jones.

Poi il maharajah si rivolse a me.

A te non darò un regalo” disse serio “ Ti faccio invece una richiesta: che non mi dimentichi. Per questo voglio che ci scambiamo il turbante. Vuoi farmi quest’onore?” […]

L’uomo d’affari mi guardò con tanto d’occhio e disse:

“Tu forse non lo sai, ma per noi indiani scambiarsi il turbante è una faccenda molto seria. Per tradizione lo si fa solo con il proprio miglior amico.”

Ancora più interessante è la scelta di far raccontare tutta la storia a Sally Jones stessa. È lei a scrivere con la macchina da scrivere, ed è lei a decidere cosa lasciare nella memoria. Questo rende la narrazione ancora più coinvolgente e introduce un aspetto metanarrativo molto affascinante: il libro che leggiamo è il diario stesso della protagonista, che scrive per ricordare, per farsi ascoltare, per dare voce a chi voce non ha. Una voce che non parla mai, ma che scrive con lucidità, emozione e una grande precisione.

Anche dal punto di vista linguistico, il romanzo è un’opera di grande qualità. Molto spesso, alcuni autori – proprio perché costruiscono un intreccio complesso – scelgono di semplificare dal punto di vista lessicale e sintattico, finendo per sacrificare la ricchezza della lingua. Jakob Wegelius, invece, non fa questa scelta: “La scimmia dell’assassino” è un romanzo solido e ricco anche dal punto di vista stilistico, con una sintassi articolata, un lessico preciso e calibrato, che accompagna il lettore con chiarezza ma senza rinunciare alla profondità. Un capolavoro narrativo che unisce struttura e scrittura, regalando ai lettori un’esperienza appassionante, tanto nella storia quanto nel modo in cui è raccontata.

“La scimmia dell’assassino” è quindi un libro per lettori curiosi, appassionati, che non vogliono solo passare il tempo, ma entrare davvero in una storia e portarsela dietro anche dopo l’ultima pagina. Una lettura da affrontare con calma, come si fa d’estate, quando si ha finalmente il tempo di lasciarsi prendere da un vero capolavoro narrativo.

A cura di Una cartella di libri

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La scimmia dell’assassino, Jacob Wegelius, Iperborea, 2020.

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UNA NOTTE, UN ASSASSINO, di Malika Ferdjoukh

Libri dal comò. Consigli di lettura

 

Ci sono libri che sorprendono per ciò che raccontano.

E poi ci sono libri che sorprendono per come lo raccontano.

Una notte, un assassino di Malika Ferdjoukh è uno di questi.

Ferdjoukh costruisce un giallo atipico e magistrale: sappiamo fin dalla prima pagina chi è l’assassino. E allora cosa resta da scoprire? Tutto il resto. Resta da scoprire quando colpirà, chi sarà la vittima, come si arriverà a quel momento.

Seguiamo le orme di un assassino la cui personalità è delineata in modo preciso, spietato. Un assassino che lo è sempre stato, fin da bambino.

Accanto a questo filone oscuro, c’è la storia di una famiglia: cinque bambini, lasciati a casa da soli, poco prima di Natale, mentre i genitori sono usciti a teatro. E allora la casa si riempie di quel caos meraviglioso che solo i bambini sanno creare: pasticci, litigi, alleanze, piccoli segreti e libertà.

Due storie che si rincorrono, si avvicinano sempre di più… fino a quando arriva una terza storia. Una terza voce che cambia tutto, che dà una svolta imprevedibile e magistrale alla narrazione.

La trama ha una tensione continua: sai che un assassino colpirà, ma non sai quando. E questo quando tiene sospesi, inchiodati alle pagine. I segnali ci sono, i dettagli fanno intuire che qualcosa di terribile sta per accadere — ma quando e come, resta un mistero.

Eppure non è solo un libro di suspense. È anche un libro pieno di ironia. Ferdjoukh ha questa capacità straordinaria di bilanciare leggerezza e inquietudine, ironia e paura. Il narratore interviene spesso, con commenti ironici, osservazioni, pensieri che strappano un sorriso anche nei momenti più tesi.

E poi, in modo naturale, senza mai forzare la mano, emergono temi enormi: la Shoah, la diversità, gli stereotipi. Ma non sono “temi” da lezione. Sono vita. Sono lì, dentro i personaggi, senza bisogno di essere spiegati o sottolineati.

Una notte, un assassino si legge così: tutto d’un fiato, con il cuore che accelera e con il sorriso che, ogni tanto, spunta.

E quando arrivi all’ultima pagina… scopri che i pensieri continuano. Come succede sempre con le storie davvero belle.

A cura di Una cartella di libri

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Una notte, un assassino, Malika Ferdjoukh, Pension Lepic, 2025.

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MARTYN PIG, di Kevin Brooks

Libri dal comò. Consigli di lettura

 

“E se una bugia diventasse l’unico modo per salvarsi la vita?”

 

Martyn Pig è un romanzo giallo-thriller scritto da Kevin Brooks. Una storia oscura, tesa, dove il confine tra giusto e sbagliato si fa sempre più sottile. Ma soprattutto è la storia di un ragazzo, Martyn, che a quattordici anni si ritrova a gestire qualcosa di troppo grande per lui.

Martyn vive con un padre alcolizzato e violento, in una casa dove è lui a doversi occupare della spesa, delle pulizie, di tutto. La madre se n’è andata da tempo. Il padre, invece, spesso sparisce per giorni lasciandolo completamente solo e, quando torna, è sempre ubriaco. Martyn ha un legame profondo con Alex, una ragazza più grande di lui, per la quale prova anche un sentimento che va oltre l’amicizia.

Un giorno, il padre tenta di aggredirlo, Martyn si scansa e l’uomo cade e muore battendo la testa. Martyn scopre che il padre aveva appena ereditato trentamila sterline e, invece di chiamare la polizia, decide di nascondere la verità. Con l’aiuto di Alex, farà sparire il corpo e metterà in atto un piano per cambiare finalmente la sua vita. Ma la realtà si rivelerà molto più imprevedibile.

Il romanzo non è solo un thriller, è un percorso psicologico, un viaggio nel senso di colpa, nella paura, nel desiderio di essere liberi. Martyn è appassionato di Sherlock Holmes e della serie dell’Ispettore Morse, e cerca di applicare alla realtà ciò che ha imparato dai suoi eroi, ma si scontrerà con l’imprevedibilità della vita vera.

Martyn Pig è una storia che scorre come un fiume, con colpi di scena e una narrazione in prima persona che crea un legame diretto con il lettore. Martyn ci parla, si confida, ci fa entrare nella sua mente. È lì che affiorano le sue paure più profonde, i suoi dubbi morali, le domande scomode: è possibile scegliere davvero tra bene e male? O siamo semplicemente fatti così? Secondo lui, il carattere è scritto nei geni, nel DNA, e chiedere a una persona di cambiare è come chiedere a una roccia di cambiare colore. Una cosa è sbagliata solo se pensi che lo sia — o se ti scoprono.

C’è anche un uso interessante della metalessi, perché la voce narrante rompe spesso la barriera tra personaggio e lettore.

Un libro che non dà risposte, ma costringe a farti domande. E che ti rimane dentro, anche dopo l’ultima pagina.

A cura di Una cartella di libri

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Martyn Pig, Kevin Brooks, Giralangolo, 2025.

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