
L’estate è il periodo migliore per lasciarsi trascinare da quelle storie ad ampio respiro, avventurose, con personaggi memorabili e misteri che ti tengono incollato alle pagine. La scimmia dell’assassino di Jakob Wegelius è una di quelle storie che sembrano fatte apposta per essere lette con calma, nella luce lunga delle giornate estive. È un romanzo giallo ma anche un racconto d’avventura, una storia di amicizia, e soprattutto una narrazione di altissima qualità.
Sally Jones è un gorilla femmina. Vive a bordo dell’Hudson Queen insieme al Capitano Koskela, detto “il Capo”, suo amico e compagno di viaggi. Sally non parla, ma comprende tutto, sa leggere, scrivere e aggiustare motori. Una sera, il Capitano accetta un incarico misterioso e qualcosa va storto: un uomo viene ucciso e Koskela viene arrestato con l’accusa di omicidio. Da quel momento, Sally è costretta a nascondersi e parte per un lungo viaggio, determinata a provare l’innocenza del suo amico. Da Lisbona al cuore dell’India, attraverserà porti, officine, palazzi e botteghe, incontrando amici sinceri e nemici pericolosi, in una ricerca ostinata della verità.
Spesso i romanzi di genere rischiano di appoggiarsi su formule facili, ripetitive, piene di stereotipi. Si fanno scelte narrative che inseriscono elementi semplicistici e contenuti banalizzanti, puntando sull’effetto e sul ritmo piuttosto che sulla costruzione profonda della storia. Ma “La scimmia dell’assassino” è tutta un’altra cosa. Qui siamo davanti a un romanzo costruito con intelligenza, profondità e uno straordinario equilibrio narrativo. L’intreccio è complesso e perfettamente architettato: ogni episodio, ogni incontro lungo il cammino ha un senso preciso nella trama e nulla è casuale. I personaggi secondari sono comunque ben costruiti e restano nel cuore di chi legge. Pensiamo al maharajah, che all’inizio appare distaccato, freddo, egoista, ma che nel giro di poche pagine si rivela capace di tenerezza e generosità, diventando un alleato sincero e inaspettato per Sally Jones.
Poi il maharajah si rivolse a me.
“A te non darò un regalo” disse serio “ Ti faccio invece una richiesta: che non mi dimentichi. Per questo voglio che ci scambiamo il turbante. Vuoi farmi quest’onore?” […]
L’uomo d’affari mi guardò con tanto d’occhio e disse:
“Tu forse non lo sai, ma per noi indiani scambiarsi il turbante è una faccenda molto seria. Per tradizione lo si fa solo con il proprio miglior amico.”
Ancora più interessante è la scelta di far raccontare tutta la storia a Sally Jones stessa. È lei a scrivere con la macchina da scrivere, ed è lei a decidere cosa lasciare nella memoria. Questo rende la narrazione ancora più coinvolgente e introduce un aspetto metanarrativo molto affascinante: il libro che leggiamo è il diario stesso della protagonista, che scrive per ricordare, per farsi ascoltare, per dare voce a chi voce non ha. Una voce che non parla mai, ma che scrive con lucidità, emozione e una grande precisione.
Anche dal punto di vista linguistico, il romanzo è un’opera di grande qualità. Molto spesso, alcuni autori – proprio perché costruiscono un intreccio complesso – scelgono di semplificare dal punto di vista lessicale e sintattico, finendo per sacrificare la ricchezza della lingua. Jakob Wegelius, invece, non fa questa scelta: “La scimmia dell’assassino” è un romanzo solido e ricco anche dal punto di vista stilistico, con una sintassi articolata, un lessico preciso e calibrato, che accompagna il lettore con chiarezza ma senza rinunciare alla profondità. Un capolavoro narrativo che unisce struttura e scrittura, regalando ai lettori un’esperienza appassionante, tanto nella storia quanto nel modo in cui è raccontata.
“La scimmia dell’assassino” è quindi un libro per lettori curiosi, appassionati, che non vogliono solo passare il tempo, ma entrare davvero in una storia e portarsela dietro anche dopo l’ultima pagina. Una lettura da affrontare con calma, come si fa d’estate, quando si ha finalmente il tempo di lasciarsi prendere da un vero capolavoro narrativo.
A cura di Una cartella di libri
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La scimmia dell’assassino, Jacob Wegelius, Iperborea, 2020.
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